Motori endotermici

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Articoli su motori & auto

MOTORI ENDOTERMICI
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Generalità
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Siamo abituati a credere che il motore a combustione interna sia usato solo
per la trazione automobili, motorini, camion, ruspe, navi e cosí via; in
realtà è utilizzato anche in molti altri settori, ad esempio nella
produzione di energia elettrica.
Alcune loro interessanti caratteristiche sono il vastissimo campo di potenza
e rendimento che riescono a soddisfare si passa dai pochi W dei motori per
modellismo sino agli oltre 50 MW della trazione navale, e da rendimenti di
0.1 sino ad oltre 0.5 nei grandi diesel lenti a 2 tempi, in questo
paragonabili agli impianti combinati. Rispetto alle turbine a vapore ed a
gas, il motore a scoppio funziona diversamente perché ad ogni fase del ciclo
non corrisponde un diverso componente, si ha quindi una distribuzione solo
temporale anziché spaziale e temporale tutto avviene in un sistema non
stazionario pistone-cilindro in cui le fasi si susseguono nel tempo e le
grandezze pressione, temperatura, volume (p, T, v) variano continuamente,
mentre ciò non avviene negli altri tipi d'impianti a turbina dove restano
invece costanti (se non si eseguono regolazioni).


Un po' di definizioni
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Il sistema è composto da un pistone di diametro (alesaggio) D che scivola in
un cilindro opportunamente lubrificato. Fra la testa del pistone ed il fondo
del cilindro si lascia uno spazio di volume non nullo, detto "camera di
combustione". Quando, durante la corsa del pistone, la camera assume valore
minimo si dice che il pistone si trova al punto morto superiore (PMS),
quando assume valore massimo si dice che si trova al punto morto inferiore
(PMI). L'aggettivo "morto" si deve alla velocità istantanea nulla che il
pistone raggiunge in questi punti, prima d'invertire il suo moto. La
distanza fra PMS e PMI viene detta "corsa" del pistone e la si indica con s;
la differenza tra il volume massimo e quello minimo della camera di
combustione viene detta cilindrata unitaria V, e può essere espressa come 
* (D/2)^2 / s dove pi è pi greco. Nel caso di motori pluricilindrici la
cilindrata totale è data dalla somma di quelle unitarie. Si definisce
"rapporto di compressione" rho la quantità Vmax/Vmin.
Queste espressioni mostrano che fissati alesaggio corsa e rapporto di
compressione risulta definita la geometria del sistema, e che all'aumentare
di rho diminuisce il volume Vmin della camera di combustione. Non è
possibile ridurre Vmin a valori prossimi a 0, perché insorgerebbero problemi
di urto fra cilindro e pistone, dovuti alle inerzie che agiscono sul
pistone esistono dunque limiti fisici che non permettono di avere un
rapporto di compressione superiore ai valori di sicurezza del sistema, ai
quali si affiancano limiti meccanici dovuti alla necessità di spazio di
lavoro per le valvole (se presenti).


Classificazioni
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Si suol dividere questi motori in varie categorie, a seconda dell'analisi
che s'intende eseguire.

Una prima e diffusa classificazione si basa sul metodo d'innesco della
combustione
- accensione comandata (di solito a scintilla)
- accensione per compressione
Nei primi l'accensione della miscela avviene a comando, impartito da un
sistema meccanico o elettronico; nei secondi avviene spontaneamente grazie
alle elevate pressioni e temperature raggiunte alla fine della fase di
compressione.
La famigliare classificazione in motori a benzina e diesel è invece
impropria, perché benzina e diesel sono i combustibili usati e non le
caratteristiche proprie del motore.


Un'altra utile classificazione si basa sul numero dei "tempi" 2t, 4t, 6t,
ecc. Si definisce "tempi" il numero delle corse necessarie allo stantuffo
(pistone) per completare un ciclo termodinamico. Ad esempio un motore a 2t
esegue un ciclo ogni 2 corse del pistone (una in discesa, una in salita) che
corrispondono ad un giro dell'albero motore; un motore 4t lo esegue in 4
corse, quindi ogni 2 giri dell'albero motore.

Un'ulteriore classificazione può essere basata sulle modalità d'introduzione
dell'aria nei cilindri
- motori aspirati
- motori sovralimentati
Nei primi l'aria è aspirata dal pistone ed entra nel cilindro a pressione
simile a quella atmosferica (eventuali differenze sono dovute a fenomeni di
risonanza dei condotti effetto "ram-jet"); nei secondi viene pompata verso
il cilindro da un compressore.

Infine, si possono suddivide i motori in base al numero di cilindri
monocilindrici e pluricilindrici, a seconda che siano costituiti da un solo
cilindro o piú.

Queste casistiche possono essere combinate tra di loro e si può quindi
parlare di un motore ad accensione comandata, 4t, aspirato, pluricilindrico;
oppure di uno ad accensione per compressione, 2t, sovralimentato,
pluricilindrico; e cosí via.


Potenze
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Abbiamo poc'anzi detto che il campo di potenze dei motori a combustione
interna è vastissimo si parte dai pochi W dei motori per modellismo e si
arriva ai 50-70 MW dei grandi motori per trazione navale o produzione di
energia elettrica. Questo limite può sembrare basso se paragonato a quello
delle turbine a gas che partono da decine di MW ed arrivano a centinaia di
MW, oppure a quello delle turbine a vapore che giungono persino alle
migliaia di MW. Il fattore limitante appare però subito chiaro esaminando
l'espressione fisica della potenza

P = dm/dt * L

dove dm/dt è la derivata della massa del fluido in gioco rispetto al tempo,
cioè la portata; L è il lavoro compiuto dal fluido.

È proprio la portata massima di fluido che pone severi limiti, perché la
massa al secondo di aria che viene aspirata dal sistema pistone-cilindro
dipende dalla cilindrata V (volume complessivo) e da quante volte essa viene
riempita nell'unità di tempo c'è quindi dipendenza dalla velocità di
rotazione del motore, di solito espressa in giri al minuto per comodità (rpm).
Purtroppo, questi due fattori sono in contrasto tra loro perché per
aumentare la cilindrata bisogna aumentare la corsa del pistone e/o il suo
alesaggio, il pistone dovrà allora compiere una corsa piú lunga e/o essere
piú grande, sarà quindi soggetto a forze d'inerzia maggiori che per essere
contenute entro i limiti di resistenza meccanica richiederanno bassa
velocità di rotazione.
Per ovviare in parte a tali inconvenienti si può realizzare un motore la cui
cilindrata complessiva V sia distribuita in piú cilindri, cioè un motore
pluricilindrico. Ecco perché, a parità di caratteristiche termodinamiche e
cilindrata, la potenza dei motori cresce all'aumentare del numero dei cilindri.


Cicli di funzionamento
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Il pistone, durante le sue corse, realizza di norma quattro fasi
aspirazione, compressione, espansione e scarico. Le fasi non devono essere
confuse con i tempi.
A seconda che il motore sia ad accensione comandata o ad accensione per
compressione, si manifestano diversi cicli termodinamici. I piú diffusi sono
il ciclo Otto e quello di Beau De Rochas per i motori ad accensione
comandata, il ciclo Diesel per quelli ad accensione per compressione. Questi
sono in verità solo cicli di riferimento per il ciclo reale, e forniscono il
rendimento teorico ideale a cui si dovrebbe tendere. In realtà il ciclo vero
è molto lontano da quello ideale perché i gas in gioco hanno caratteristiche
lontane da quelle dei gas ideali. Invece, nelle turbine a gas e in quelle a
vapore si ha una buona somiglianza tra i cicli ideali e reali.

- Il ciclo Otto
Durante la prima fase (compressione) il pistone si sposta dal PMI al PMS si
ha una trasformazione adiabatica isoentropica in cui aumenta la pressione e
diminuisce il volume specifico secondo la legge

p*V^k = costante

Nella seconda fase (combustione) il volume resta costante e vi è adduzione
di calore; per semplicità si può pensare che tale calore sia addotto
dall'esterno, che la combustione sia istantanea e si verifichi quando il
pistone giunge al PMS. La trasformazione è dunque isocora.
Ora il pistone inizia a scendere fino al PMI (espansione), realizzando
ancora una trasformazione adiabatica isoentropica. Quando giunge al PMI la
pressione nel cilindro è maggiore di quella iniziale e quindi per chiudere
il ciclo deve avvenire una sottrazione di calore, che per semplicità
possiamo ancora pensare istantanea attraverso una trasformazione isocora
(scarico).

Questo ciclo ideale è dunque composto da due trasformazioni isoentropiche e
due isocore. Studiamone il rendimento

  h = L/Q = (Q1-Q2)/Q1 = 1 - Q2/Q1 = 1 - (c*(T4-T1)) / (c*(T3-T2)) =
    = 1 - (T4-T1) / (T3-T2)

dove
  L lavoro
  Q quantità di calore
  T temperatura
  gli indici specificano la fase a cui ci si riferisce

Dobbiamo trovare una legge che leghi tra loro le temperature. La
trasformazione 1-2 è adiabatica isoentropica regolata dalla legge
p*V^k = costante
possiamo allora scrivere

T2/T1 = (V1/V2)^(k-1)

da cui si ottiene

T2 = T1 * (V1/V2)^(k-1) = T1 * rho^(k-1)

Definiamo ora una variabile ausiliaria tau = T3/T2 e scriviamo

T3 = tau * T2 = T1 * tau * rho^(k-1)

ed infine

T4 = T3 / rho^(k-1) = T1 * tau * rho^(k-1) / rho^(k-1) = T1 * tau

Sostituendo nell'espressione del rendimento quelle trovate per le
temperature, si ha

h = 1 - (T1*tau-T1) / (T1*tau*rho^(k-1) - T1*rho^(k-1)) =
  = 1 - 1 / rho^(k-1)

da cui si vede che il rendimento h è funzione del solo rapporto di
compressione rho. Dunque per ottenere elevato rendimento si deve aumentare
il rapporto di compressione, ovvero ridurre al minimo Vmin ma questo - come
già detto - ha limiti fisici di realizzabilità.


Vediamo un esempio numerico

T1  = 288 K
rho = 9
p1  = 1 bar
k   = 1.4

dall'espressione di T2 si ottiene
T2 = 693.5 K

per la pressione p2 si ha
p2 = p1*k = 21.7 bar.

Il fluido, partendo dalle condizioni ambientali tipiche (1 bar, 288K), viene
compresso sino alla pressione di 21.7 bar e raggiunge la temperatura di
693.5K. Si può calcolare l'adduzione di calore dal combustibile (espressa in
kJ per kg di aria) che è anche dato dalla relazione

qc = mc * Hi / ma

dove mc è la massa del combustibile, ma quella dell'aria, Hi l'adduzione di
calore data dal combustibile

ovvero la quantità di calore fornita dal combustibile rispetto alla massa
d'aria in circolo.
L'aria assorbe una certa quantità di calore fornita dal combustibile, se
viene bruciata quella disponibile il rapporto mc/ma diventa uguale a 1/alfa
(dove alfa è il rapporto stechiometrico), per cui

qc = Hi / alfa

Se poniamo alfa = 15, cv = 0.77, assumiamo per Hi il valore della benzina
pari a circa 45000 kJ/kg, possiamo calcolare T3 = 4874K da cui tau = 6.5 e
T4 = 2024K; si raggiunge allora p3 = p2*T3/T2 = 152 bar. Nota p3, si ottiene
p4 = 7 bar.

Da questo semplice esempio si ha un'idea delle temperature e pressioni in
gioco. Avremmo anche potuto calcolare il rendimento, essendo rho = 9 un
valore dato, ottenendo h = 0.585. Ricordiamo però che il ciclo reale è molto
lontano da quello ideale qui mostrato.

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